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ToggleL’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) è un disturbo del neurosviluppo che influisce sulla capacità di concentrazione, sul controllo degli impulsi e sull’autoregolazione. Si manifesta prevalentemente nell’infanzia, ma può persistere anche nell’età adulta, influenzando diversi aspetti della vita quotidiana, tra cui la sfera scolastica, lavorativa e sociale. Spesso viene erroneamente interpretato come una semplice mancanza di disciplina o un eccesso di vivacità, portando bambini e ragazzi a ricevere etichette ingiuste senza una reale comprensione delle difficoltà che affrontano.
Per genitori e insegnanti, comprendere l’ADHD significa offrire a questi bambini il supporto adeguato e aiutarli a sviluppare strategie per affrontare le loro sfide quotidiane. La corretta informazione permette di evitare fraintendimenti, ridurre il senso di frustrazione e fornire gli strumenti necessari per una crescita serena e consapevole. Quando l’ADHD non viene riconosciuto, i bambini possono trovarsi a vivere situazioni scolastiche difficili, caratterizzate da rimproveri continui e da una percezione negativa di sé stessi. Questo è esattamente quello che è successo a Daniele (nome di fantasia), un ragazzo di 14 anni che ho conosciuto nel corso della mia esperienza in un liceo romano.
Fino a quel momento, sia alle scuole medie che alle scuole elementari, Daniele era stato etichettato come il bambino irrispettoso e maleducato, incapace di ascoltare le lezioni e sempre distratto. Le sue difficoltà non erano state comprese dagli insegnanti, e questa mancanza di consapevolezza aveva portato la famiglia a sentirsi sola e senza risposte. Solo dopo la diagnosi di ADHD, Daniele e i suoi genitori hanno potuto dare un senso ai suoi comportamenti e trovare finalmente le strategie giuste per aiutarlo. Questo cambiamento non solo ha migliorato il rendimento scolastico del ragazzo, ma ha anche alleggerito il peso emotivo che la sua famiglia aveva portato per anni. La conoscenza e la comprensione dell'ADHD possono fare la differenza tra un'etichetta ingiusta e un'opportunità di crescita consapevole e positiva.
Definizione di ADHD
L’ADHD, acronimo di Attention Deficit Hyperactivity Disorder (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da difficoltà persistenti nell’attenzione, nell’autoregolazione del comportamento e nel controllo dell’impulsività. Questo disturbo si manifesta già nei primi anni di vita e può accompagnare la persona anche nell’età adulta, influenzando il rendimento scolastico, le relazioni sociali e la gestione delle attività quotidiane.
L’ADHD non è una semplice manifestazione di vivacità o disinteresse per le regole. Molti bambini e ragazzi energici e attivi possono sembrare distratti o impulsivi, ma l’ADHD è una condizione più profonda, che incide sulle funzioni cognitive e sul comportamento in modo costante e significativo. A differenza di un bambino o un ragazzo semplicemente vivace, un soggetto con ADHD ha difficoltà persistenti nel mantenere l’attenzione, nell’organizzare le attività e nel regolare il proprio comportamento rispetto alle richieste dell’ambiente scolastico e familiare.
Un bambino vivace, ad esempio, può essere molto energico ma riuscire a concentrarsi su un’attività quando motivato o adeguatamente guidato. Un bambino con ADHD, invece, fatica a mantenere l’attenzione anche su compiti di suo interesse e può avere difficoltà a completare ciò che inizia. Inoltre, l’impulsività nell’ADHD si manifesta con azioni istintive, come rispondere prima che venga terminata una domanda o interrompere frequentemente gli altri nelle conversazioni. Questi comportamenti possono generare frustrazione sia nell’individuo che in chi gli sta intorno, creando fraintendimenti e situazioni problematiche in famiglia e a scuola.
Comprendere questa differenza è fondamentale per garantire a questi bambini il giusto supporto e le strategie adeguate per affrontare le loro sfide quotidiane senza sentirsi costantemente inadeguati o giudicati.

Cause dell'ADHD
L’ADHD è una condizione complessa che non può essere ricondotta a un’unica causa. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che il disturbo è il risultato dell’interazione tra più fattori, sia genetici che ambientali. Comprendere le origini dell’ADHD è essenziale per evitare stigmatizzazioni e per adottare strategie di supporto mirate.
Fattori genetici
Numerose ricerche hanno evidenziato una forte componente ereditaria nell’ADHD. Studi su gemelli indicano che i fattori genetici contribuiscono per circa il 75% al rischio di sviluppare il disturbo (Le Scienze). Un ampio studio condotto da Goodman e Stevenson (1989) ha stimato che la percentuale di causalità dell’ADHD attribuibile a fattori genetici si aggira tra il 70% e il 91% (AIDAI Associazione).
- L’ADHD ha una forte componente ereditaria, con una probabilità maggiore se un genitore ne è affetto.
- Alcune varianti genetiche influenzano la regolazione della dopamina, fondamentale per attenzione e controllo degli impulsi.
- Gli studi dimostrano che il disturbo è trasmesso prevalentemente per via familiare.
Fattori neurobiologici
Le moderne tecniche di neuroimaging hanno permesso di identificare differenze significative nella struttura e nel funzionamento del cervello delle persone con ADHD. Le anomalie più comuni riguardano:
- Ridotta attività nelle aree frontali, responsabili della pianificazione e dell’autoregolazione.
- Squilibri nei neurotrasmettitori come dopamina e noradrenalina, che regolano attenzione e motivazione.
- Differenze nello sviluppo delle connessioni cerebrali tra i lobi prefrontali e altre aree legate all’autocontrollo.
Fattori ambientali
rischio di sviluppare l’ADHD:
- Esposizione prenatale a sostanze nocive, come fumo, alcol e droghe (Psicologia Pediatrica).
- Complicazioni neonatali, tra cui nascita prematura o basso peso alla nascita.
- Fattori psicologici e sociali, come elevati livelli di stress familiare o condizioni economiche difficili.
L’ADHD è il risultato di una complessa interazione tra genetica e fattori ambientali. Comprendere le sue cause aiuta a ridurre i pregiudizi e a sviluppare interventi più mirati per supportare chi ne è affetto (Fondazione Irene).
Sintomi dell'ADHD negli adolescenti
L’ADHD si manifesta in modo diverso nelle varie fasi della crescita. Se nei bambini piccoli prevalgono l’iperattività e la difficoltà di attenzione, negli adolescenti i sintomi tendono a riflettersi maggiormente sulle capacità organizzative, sulla gestione del tempo e sulle relazioni sociali. In questa fase della vita, in cui le responsabilità aumentano e il contesto scolastico diventa più esigente, i ragazzi con ADHD possono trovarsi in difficoltà nel rispettare scadenze, mantenere la concentrazione e autoregolare le proprie emozioni.
Disattenzione
Studi recenti, come quello pubblicato sul Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry (2021), hanno evidenziato che circa il 75% degli adolescenti con ADHD presenta difficoltà nella gestione dell’attenzione, con effetti diretti sulle prestazioni scolastiche. La tendenza a distrarsi facilmente e la difficoltà nel seguire istruzioni complesse possono generare frustrazione, con un impatto negativo sulla motivazione allo studio.
Tra i segnali più comuni della disattenzione nell’adolescenza si trovano:
- Difficoltà a mantenere la concentrazione su attività prolungate.
- Dimenticanza frequente di compiti, materiali scolastici o appuntamenti.
- Problemi nell’organizzazione dello studio e nella gestione delle attività quotidiane.
- Distrazione costante durante le lezioni o le conversazioni con i coetanei.
Iperattività
Mentre nei bambini l’iperattività si manifesta con un’eccessiva energia fisica, negli adolescenti può assumere forme più sottili, come una costante sensazione di irrequietezza interiore. Secondo l’European Journal of Child and Adolescent Psychiatry (2020), molti adolescenti con ADHD riportano difficoltà a rimanere concentrati a lungo senza sentirsi agitati. Questo può tradursi in comportamenti come movimenti continui delle mani o dei piedi, difficoltà nel rispettare i tempi delle lezioni e la necessità di alzarsi frequentemente.
I sintomi più comuni includono:
- Sensazione persistente di irrequietezza, con difficoltà a stare fermi.
- Bisogno costante di muoversi, spesso in modo poco appropriato al contesto.
- Tendenza a parlare molto e interrompere frequentemente le conversazioni.
- Difficoltà nel gestire momenti di inattività e attesa.
Impulsività
L’impulsività è uno degli aspetti più critici dell’ADHD in adolescenza, poiché può influenzare le relazioni sociali e il rendimento scolastico. La difficoltà nel controllare le risposte immediate e nel riflettere prima di agire può portare a incomprensioni con insegnanti, compagni e genitori.
Marco (nome di fantasia), uno studente di 15 anni che ho seguito, mostrava una marcata impulsività. Durante le lezioni, rispondeva senza aspettare che l’insegnante terminasse la domanda e, nelle conversazioni con i compagni, tendeva a interrompere frequentemente. Questo comportamento non era legato a una mancanza di preparazione – al contrario, Marco era molto brillante, soprattutto nelle materie scientifiche – ma rifletteva una difficoltà nel frenare le risposte immediate. Dopo un percorso mirato, che includeva tecniche di autoregolazione e strategie cognitive, Marco ha imparato a prendersi qualche secondo prima di intervenire, migliorando così la qualità delle sue interazioni scolastiche e sociali.
I segnali più comuni dell’impulsività includono:
- Tendenza a rispondere in modo impulsivo senza riflettere.
- Difficoltà nel rispettare i turni nelle conversazioni e nelle attività di gruppo.
- Comportamenti avventati che possono portare a situazioni problematiche.
Riconoscere e comprendere i sintomi dell’ADHD negli adolescenti è essenziale per intervenire in modo efficace e supportare il loro percorso scolastico e relazionale, aiutandoli a sviluppare le competenze necessarie per affrontare le sfide della loro età.

Sintomi dell'ADHD negli adulti
Molte persone con ADHD continuano a manifestare sintomi anche in età adulta. Secondo uno studio pubblicato su The Lancet Psychiatry (2021), circa il 60% dei bambini con ADHD continua a presentare difficoltà anche in età adulta, se il disturbo non viene gestito adeguatamente.
I sintomi nell’adulto possono apparire diversi rispetto all’infanzia e all’adolescenza. Se l’iperattività tende a diminuire con l’età, la disorganizzazione, la scarsa gestione del tempo e le difficoltà relazionali possono diventare problematiche nella vita professionale e sociale.
Disorganizzazione e difficoltà nella gestione del tempo
L’ADHD in età adulta si manifesta spesso con difficoltà nel pianificare e portare a termine attività quotidiane. Le persone con ADHD possono avere problemi nel rispettare scadenze, gestire appuntamenti e organizzare il lavoro. Secondo uno studio del Journal of Attention Disorders (2020), il 67% degli adulti con ADHD riferisce difficoltà nella gestione del tempo, con un impatto negativo sulla carriera e sulla vita personale.
Sintomi comuni includono:
- Difficoltà nel rispettare scadenze e appuntamenti.
- Problemi nel mantenere un’organizzazione efficace di compiti e impegni.
- Sensazione di essere costantemente sopraffatti dagli impegni.
Difficoltà nelle relazioni interpersonali
L’ADHD può influenzare le relazioni sociali e affettive. Le persone con ADHD possono avere difficoltà nel mantenere l’attenzione nelle conversazioni, nell’autoregolare le emozioni e nell’affrontare situazioni di stress interpersonale.
Uno studio condotto dalla American Psychological Association (APA) ha evidenziato che il 50% degli adulti con ADHD sperimenta conflitti relazionali più frequenti rispetto alla media, spesso a causa di incomprensioni legate all’impulsività e alla gestione delle emozioni.
Le difficoltà più comuni includono:
- Problemi di comunicazione dovuti alla tendenza a interrompere o perdere il filo del discorso.
- Maggiore impulsività nelle interazioni, che può portare a fraintendimenti.
- Difficoltà a gestire i conflitti e le emozioni nelle relazioni sentimentali e professionali.
Impulsività e gestione dello stress
L’impulsività negli adulti con ADHD può manifestarsi con difficoltà nel prendere decisioni ponderate e nella gestione dello stress quotidiano. Molti adulti con ADHD riferiscono di agire d’impulso senza valutare le conseguenze, con un impatto negativo sulla stabilità lavorativa e personale.
Sintomi comuni includono:
- Difficoltà a controllare le reazioni emotive in situazioni stressanti.
- Tendenza a prendere decisioni affrettate senza valutare i pro e i contro.
- Problemi nella gestione delle frustrazioni quotidiane.
Riconoscere l’ADHD anche in età adulta è essenziale per sviluppare strategie di gestione efficaci e migliorare la qualità della vita delle persone che ne sono affette.
Diagnosi dell'ADHD
La diagnosi dell’ADHD è un processo articolato che richiede un’analisi approfondita della storia clinica e comportamentale dell’individuo, condotta da specialisti in neuropsichiatria infantile, psicologia o psichiatria. Non esiste un singolo test che possa confermare la presenza del disturbo; invece, viene adottato un approccio multidisciplinare che comprende colloqui, osservazione diretta e strumenti diagnostici standardizzati.
Uno dei principali riferimenti per la diagnosi è il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), che stabilisce criteri precisi per l’identificazione dell’ADHD. Secondo il DSM-5, la diagnosi si basa sulla presenza di almeno sei sintomi persistenti di disattenzione e/o iperattività-impulsività per un periodo minimo di sei mesi, con un impatto significativo sul funzionamento quotidiano. I sintomi devono manifestarsi in più di un contesto (ad esempio, sia a casa che a scuola o sul lavoro) e non devono essere meglio spiegati da altri disturbi.
Oltre ai criteri del DSM-5, la diagnosi si avvale di strumenti specifici come le scale di valutazione comportamentale (ad esempio, la Conners Rating Scale o la SNAP-IV), compilate da genitori, insegnanti e dal soggetto stesso. Questi questionari aiutano a quantificare la frequenza e l’intensità dei sintomi. Inoltre, vengono utilizzati test neuropsicologici, che valutano le funzioni esecutive, la memoria di lavoro e l’attenzione selettiva. L’osservazione diretta del comportamento in diversi contesti fornisce ulteriori elementi utili per formulare un quadro diagnostico accurato.
L’importanza di una diagnosi precoce è supportata da numerosi studi scientifici, come quello pubblicato sulla Journal of Child Psychology and Psychiatry (2022), che evidenzia come un intervento tempestivo possa ridurre significativamente il rischio di difficoltà scolastiche, relazionali e psicologiche associate all’ADHD. Riconoscere il disturbo nei primi anni di vita consente di implementare strategie educative mirate, fornire ai genitori strumenti per la gestione comportamentale e prevenire l’insorgenza di problematiche secondarie, come ansia, depressione o bassa autostima.
Affidarsi a un professionista esperto è fondamentale per distinguere l’ADHD da altre condizioni che possono presentare sintomi simili, come disturbi d’ansia, difficoltà di apprendimento o problemi emotivi. Una diagnosi accurata non solo aiuta a comprendere meglio le esigenze della persona con ADHD, ma consente anche di individuare gli interventi più adeguati per migliorarne la qualità della vita.

Trattamento dell'ADHD
L’ADHD può essere gestito attraverso un approccio integrato che combina interventi psicologici, farmacologici e strategie educative. Non esiste un trattamento unico valido per tutti, ma la scelta dell’intervento più adatto dipende dalla gravità dei sintomi e dalle esigenze specifiche di ogni individuo.
Dal punto di vista psicologico, la psicoterapia psicodinamica rappresenta un approccio efficace per esplorare le dinamiche interne dell’individuo, aiutandolo a comprendere le cause profonde dei suoi comportamenti e a sviluppare strategie di autoregolazione. Questo tipo di terapia si concentra sulle esperienze passate e sulle emozioni che possono influenzare il modo in cui il soggetto con ADHD gestisce la propria impulsività e le difficoltà relazionali.
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è anch’essa ampiamente utilizzata per insegnare tecniche pratiche di gestione del tempo, organizzazione e controllo degli impulsi. Studi condotti dall’American Academy of Pediatrics hanno dimostrato che la CBT può ridurre significativamente i sintomi dell’ADHD, migliorando la qualità della vita di bambini, adolescenti e adulti.
Dal punto di vista farmacologico, in alcuni casi possono essere prescritti farmaci stimolanti (come il metilfenidato e le anfetamine) o non stimolanti (come l’atomoxetina) per aiutare a migliorare la concentrazione e il controllo dell’iperattività. Tuttavia, la scelta di un trattamento farmacologico deve sempre essere valutata attentamente da uno specialista, considerando i benefici e gli eventuali effetti collaterali.
Infine, le strategie educative giocano un ruolo cruciale nella gestione dell’ADHD, soprattutto nei bambini e negli adolescenti. Programmi di supporto scolastico, adattamenti nei metodi di insegnamento e una maggiore consapevolezza degli insegnanti possono aiutare a creare un ambiente di apprendimento più inclusivo e funzionale. L’implementazione di tecniche di gestione del comportamento, come l’uso di rinforzi positivi e di routine strutturate, può migliorare l’autoregolazione e l’autostima del soggetto con ADHD.
Un approccio multidisciplinare che integri il supporto psicologico, educativo e – se necessario – farmacologico, può offrire risultati significativi nel migliorare la qualità della vita delle persone con ADHD e delle loro famiglie.
Conclusione
L’ADHD è un disturbo complesso che può avere un impatto significativo sulla vita di chi ne è affetto, ma con il giusto supporto può essere gestito in modo efficace. Abbiamo visto come il disturbo influenzi bambini, adolescenti e adulti in modi diversi, e come la sua origine sia multifattoriale, coinvolgendo fattori genetici, neurobiologici e ambientali. Inoltre, una diagnosi accurata e tempestiva può aiutare a evitare fraintendimenti e a fornire le giuste strategie di supporto per migliorare la qualità della vita della persona con ADHD.
Il trattamento non è univoco, ma richiede un approccio personalizzato che tenga conto delle esigenze del singolo individuo. La psicoterapia psicodinamica può offrire un valido strumento per comprendere le radici profonde del comportamento e sviluppare nuove strategie di adattamento. Anche le strategie educative e, in alcuni casi, il supporto farmacologico possono contribuire a migliorare la gestione dei sintomi.
Nella mia esperienza, è stato possibile constatare come poter aiutare i ragazzi nella maniera appropriata, con strumenti specifici e di supporto, possano rendere i loro percorsi scolastici più equilibrati e privi di tensioni. Fattori che invece potrebbero emergere qualora non ci fosse possibilità di fare una tempestiva diagnosi o si scegliesse di rifiutare l’opportunità di utilizzare mezzi adeguati. Comprendere l'ADHD non significa etichettare un bambino o un ragazzo come problematico, ma riconoscere i suoi bisogni e offrirgli strumenti adatti per affrontare le sfide quotidiane con maggiore consapevolezza e serenità.
Se hai il dubbio che tuo figlio possa avere difficoltà di attenzione o iperattività e senti la necessità di un confronto, puoi contattarmi per una consulenza. Il supporto psicologico non è sempre necessario, ma può essere un’opzione utile nel momento in cui il ragazzo stesso avverte un disagio e desidera comprendere meglio il proprio modo di funzionare. L’obiettivo è accompagnare il ragazzo e la sua famiglia in un percorso di maggiore consapevolezza e benessere, senza preconcetti o forzature.
Come si comporta una persona con ADHD?
Una persona con ADHD può avere difficoltà a mantenere l’attenzione su attività prolungate, gestire il tempo e organizzare le proprie giornate. Spesso mostra impulsività, difficoltà nel rispettare le regole e nell’attendere il proprio turno. Nei bambini, questo può tradursi in un’eccessiva irrequietezza e difficoltà a stare fermi, mentre negli adulti può manifestarsi sotto forma di difficoltà organizzative, problemi di gestione dello stress e distrazioni frequenti.
A cosa è dovuta l'ADHD?
L’ADHD è una condizione con una forte base genetica. Studi scientifici hanno dimostrato che l’ereditarietà gioca un ruolo predominante, con una trasmissibilità tra il 70% e il 91%. Tuttavia, anche fattori neurobiologici, come squilibri nei neurotrasmettitori (dopamina e noradrenalina), e fattori ambientali, come l’esposizione prenatale a sostanze tossiche o stress familiare elevato, possono contribuire allo sviluppo del disturbo.
Quanti tipi di ADHD ci sono?
Il DSM-5 identifica tre sottotipi principali di ADHD:
- Prevalentemente disattento, caratterizzato da difficoltà nella concentrazione e nella memoria di lavoro.
- Prevalentemente iperattivo-impulsivo, con maggiore irrequietezza e comportamenti impulsivi.
- Combinato, il più comune, che include sia sintomi di disattenzione che di iperattività e impulsività.
Come si cura l'ADHD?
Non esiste una cura definitiva per l’ADHD, ma il disturbo può essere gestito attraverso strategie mirate. L’approccio più efficace prevede un trattamento personalizzato che può includere terapia psicologica, come la psicoterapia psicodinamica per esplorare le dinamiche interne del soggetto, terapia cognitivo-comportamentale per lavorare su strategie di gestione dell’attenzione e dell’impulsività, supporto educativo per strutturare l’apprendimento e, in alcuni casi, terapia farmacologica per migliorare la regolazione dell’attenzione e del comportamento.
Che differenza c’è tra DSA e ADHD?
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), come la dislessia o la discalculia, riguardano specifiche difficoltà nell’acquisizione di abilità scolastiche (lettura, scrittura, calcolo) e non implicano problemi di attenzione o iperattività. L’ADHD, invece, è un disturbo del neurosviluppo che influisce sulla capacità di attenzione, l’autoregolazione e il controllo degli impulsi. Sebbene possano coesistere, sono condizioni distinte con trattamenti e percorsi di supporto differenti.